Il paradiso di Anikò di Moreno Cedroni e la mia maledetta testa tra le nuvole!

Lo scorso week end ho voluto fare la tripletta dei ristoranti di Cedroni. Ho avuto modo di conoscerlo in un’occasione tempo fa e la sua evidente estrosità mi ha sin da subito stuzzicata. Ho visitato il suo sito in lungo e in largo, letto molte cose su di lui, assaggiato i prodotti della sua “Officina” e fantasticato da tempo un week end di degustazione “cedroniana” al mare, sulle Marche. E finalmente dopo l’ennesimo rimandare per ovvi motivi di vita quotidiana ho deciso di provare tutti e tre i suoi locali. Per la precisione ero intenzionata a provare il suo bi-stellato, La Madonnina, ed il Clandestino. Alcune circostanze hanno voluto che io provassi anche Anikò. Ed è proprio da quest’ultimo che voglio iniziare a raccontare. Semplice, è quello che mi ha colpito di più. Perchè? In quanto, come si legge nella loro pagina, è difficile definirlo. E le cose difficili da spiegare, senza spazio e senza tempo, sono quelle che mi attraggono maggiormente.

Anikò Moreno Cedroni

“Prendetelo come vi pare, luogo d’appuntamenti, smercio domestico, platform, dove baloccarsi di stuzzichini e ettate d’affettati di pesce, per noi il vero modello del luogo non è tanto la botteguccia né l’estensione del ristorante, ma una sorta di proiezione della Haute Couture (la Madonnina del Pescatore) che trova qui la più giusta ridefinizione in un prêt-à-porter/prêt-à-manger. Le radici d’Anikó stanno ovviamente nella tradizione senza frontiere dello Street Food”.  Loro lo descrivono così. E’ una forma d’arte contemporanea, un vagone arrestatosi nella piazza. Non è un semplice bancone, tanto meno un baretto. Non è, non è, non è.

Io come lo vedo? Come un posto che piace e che, non a caso, non può non piacere. E’ un posto dove mangi a tutte le ore, a qualsiasi ora ti può venir fame. Colazione, brunch, pranzo, merenda, aperitivo e cena. E di nuovo: cena, colazione, brunch, pranzo merenda e cena. E di nuovo … (premetto, o meglio concludo, che amo il salato a colazione). E’ molto semplice e divertente. Ti siedi al bancone. Della bresaola di tonno? Una scatoletta ti tonno bianco arrostito?

Anikò Moreno Cedroni

E facciamocelo questo aperitivo … E se siete svuotati mentalmente lo sforzo è nullo. Vi propongono direttamente loro nel menù quale vino abbinare alle vostre “tapas”, attraverso delle proposte già formulate. Simpatica idea per chi di vino non è un gran intenditore.

Ma il bello deve ancora arrivare. I panini … Evviva i panini. Cedroni ha ragione. C’è un abisso tra un panino triste ed un panino felice. Ed i panini felici piacciono a tutto il mondo, grandi e piccini. Gourmet e non gourmet. Io li adoro. Mi strafogherei di hamburger a base di carne selezionata, pane biologico ed ingredienti a km zero. Di piadine fatte in casa con il prosciutto crudo quello giusto. Ma realmente mi ingozzerei dei panini di Cedroni. Semplicemente perchè sono buoni e ci sono quelli a base di pesce, che io adoro, molto più di carne, affettati ed animali vari. Fantasmagorico oltre che curioso l’hamburger di seppia. Eccezionale la maionese di baccalà senza uovo nel panino a base dell’omonimo pesce. Li addenti e ti senti contento. E magari prima, come antipasto, spiluccate qualche salumino ittico presentato nello “s-cartoccio” aperto. Anche solo per apprezzare il fatto che l’eleganza non sta nel piatto.

Anikò si trova in una piazzetta. Potete sedervi in uno dei tavolini per sentirvi un pò borghesi. O potete starvene al bancone, molto meglio (se siete come me). Perchè è proprio standovene lì seduti che potrete osservare incantati la scioltezza di una catena di montaggio dove ognuno compie il Suo in perfetta sintonia con l’altro. Dove, in uno piccolo spazio, ogni ingranaggio pare funzionare alla perfezione. Dove la signora Gina coordina il tutto con estrema disinvoltura e gentilezza.

Degustatevi un calice dei loro vini accuratamente scelti (nulla è lasciato al caso). Osservate. Mangiucchiate. E divertitevi. Questo è stato per me Anikò.

Sorrido infine raccontando un piccolo aneddoto con le orecchie che ancora  mi fischiano per le imprecazioni che sicuramente lo staff di Anikò e la signora Gina mi hanno a onor del giusto lanciato. In viaggio verso le casa, a ormai 200 km da Senigallia, sonnecchiando in macchina dal lato del passeggiero, mi muovo un pò per stiracchiarmi e mi accorgo che nel taschino posteriore dei  jeans ho scordato le chiavi del bagno di Anikò. Si, perchè la toilette è dislocata esternamente; una specie di scatolotta in legno il cui accesso è adibito ai clienti del locale dando loro una chiave. Una magica chiave che per non perdere durante la complicata operazione (dopo un paio di calici di Verdicchio tutto è un pò più complicato) ho deciso di mettere al sicuro in tasca, per evitare imbarazzanti perdite. E facendola così diventare un souvenir della mia esperienza in Anikò assieme alle salsine dell’Officina Cedroni. Domattina sarà rispedita alla signora Gina che ho subito contattato ieri sera e la quale, con estrema professionalità, è stata così coraggiosa da essere gentile con me anzichè mandarmi al diavolo. Un doppio grazie a loro ed una capocciata a me che non finirò mai di far scendere la mia testa dalle nuvole.

Un commento

  1. Ciao! Complimenti per il tuo blog e grazie di essere passata a trovarmi! A presto! Serena

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