• I ristoranti stellati Michelin

Un apostrofo rosa nel cuore di Alba, dove Piazza Duomo ed Enrico Crippa si incontrano. Un’oasi di gusto, leggerezza e creatività.

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Toc toc, c’è qualcuno in casa? O meglio … al ristorante? Dietro a quella porticina fucsia quando si entra ci si aspetta di scovare qualcosa di magico, un mondo fiabesco. Ci si aspetta un filo continuo con la magia che si respira quando dalla piazzetta della cittadina di Alba, sul far della sera,  si punta in alto lo sguardo e si osserva il rosa dietro le alte finestre di un palazzo signorile, che fanno uscire una luce calda ad illuminare la sera.

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La porticina si apre, si salgono le scale ed accolti con calore ci si rintana in una sala di tutto rosa dipinta, composta da 11 tavoli. Quella sala dove inizierà un’avventura, un viaggio nelle meraviglie dei sensi. A saltellare tra un sentiero e l’altro del paese dei balocchi, ogni portata rivelerà una sorpresa.

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Il menù: un viaggio alla scoperta delle meraviglie

Una gigantesca foglia d’uva, affrescata alle pareti, che abbraccia un mappamondo con i suoi cinque continenti, per me a significare il fantastico itinerario che ha coinvolto, dal primo all’ultimo, i miei 5 sensi.

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L’itinerario firmato dallo chef Enrico Crippa, pluripremiato e nei giorni recenti sempre più affermato ma saldamente presente e parte integrante dell’esperienza presso Piazza Duomo. Lui c’è, è lì e lavora in cucina affiancato da Antonio Zaccardi e sostenuto da una numerosa squadra, quella che rende possibile quel viaggio incantato.  Lui c’è, coi piedi ben saldi a terra ma un fare schivo e riservato quasi in disparte nel nostro (o vostro) viaggio fatato. Lui no esce tra i tavoli, rimane dietro le quinte. Ma potrete andarlo a trovare a fine serata.

piazza-duomo-enrico-crippa_cucinaUn viaggio, quello a Piazza Duomo, che se fosse scritto sulle pagine di un libro, inizierebbe con una lunga prefazione. Quella del “e tutto cominciò grazie a … Enrico, brianzolo classe ’71“. Tra le cucine di MarchesiMichel Bras, un passaggio da Ferran Adrià, 3 anni in Giappone, il Crippa pare muoversi bene nel mondo dei fornelli e tra i fornelli del mondo. Capta esperienze, le mette in saccoccia, le fa sue e sviluppa una personalità che lo rende unico e non imitabile. Quella che gli consente di ottenere il Grand Prix de l’Art de la Cuisine, una sorta di Nobel dei cuochi, scalare l’Olimpo dei 50s Best. Ma soprattutto realizzare un sogno: quello di aprire un ristorante, il Suo. Nel 2005 nasce ad Alba Piazza Duomo, grazie al sodalizio con la famiglia Ceretto. La 1^ stella nel 2004; la 2^ nel 2009 e la 3^ nel 2012. 3 stelle Michelin fatte di: piatti belli, profumati e buoni (questo è secondo lo chef l’ordine di importanza). 3 stelle Michelin fatte di prodotti locali che provengono da massimo 10 km di distanza, quando non addirittura dall’orto coltivato in biodinamica che ha fatto di sé tanto parlare. 3 stelle Michelin che si sostanziano in dei menù fortemente ricchi di vegetali e sperimentativi di diverse tecniche di cottura. Ho letto che nei suoi percorsi inserisce spesso un piatto “fuori posto”, a rottura (interpreto io) di una perfetta simmetria e a rendere un po’ rotondo quel percorso rettilineo che prende forma in un menù fatto di leggerezza ma al contempo rigore. Il rigore di mantenere dei piatti leggeri, valorizzandone il sapore ma senza mai appesantire (mi ricorda un po’ la filosofia di Niko Romito).  Anche quando sono a base di carne. Nonostante Crippa, diciamolo, ha un debole per le verdure ed il suo sogno sarebbe quello di convertire il suo tristellato nel primo (della categoria) vegetariano: “francesi e scandinavi sono più sensibili alle verdure degli italiani. Ma i vegetali sono fondamentali per un’infinita serie di motivi, non solo organolettici.”

E’ proprio per questo motivo che coloro cui da un po’ noia la ridondanza di erbe ed erbette potrebbero annoiarsi un po’ durante il viaggio di degustazione crippiana o non sentirsi degnamente appagati da cotanta “verduraggine”. Rimane sempre comunque da dire a costoro che la componente estetica, la ricerca e  l’immagine riflessa nel piatto della sua idea appagheranno anche il degustatore un po’ più carnivoro e un po’ meno vegetariano. Consentendogli di fotografare con soddisfazione le opere d’arte che gli si presenteranno dinanzi e contravvenendo alla teoria crippiana del “a chi fotografa i piatti vorrei dire: mangia che diventa freddo”. 

Teoria che per certo non si può applicare…  all’Insalata 21 … 31 … 41 …  

*nel menù sotto esposto viene servita dopo la ficoide

Diversa tra estate e inverno,  tra il servizio del pranzo e quello della sera, tra ciascuno dei commensali.  Una varietà infinita di insalatine, foglie e fiori. Un brodo tiepido di katsebushi (dopo diverse ricerche, invano, non ho ancora capito cosa sia!)  viene proposto da sorseggiare alla fine, per esaltare tutte le sensazioni provate in precedenza.

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E poi, che altro si mangia a Piazza Duomo?

Entrate:

cialda di arachidi, foie gras e gingerino, spugna di bietola alla salsa tonnata, complesso al palato senza appesantire – cialda di ceci e di riso con grano saraceno – le finte olive …. Curiose.

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La finta oliva!

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Il Tramezzino!

Per celebrarne la paternità piemontese. Lo sapevate che quest’ultima si deve al Caffè Mulassano di Piazza Castello a Torino (dal  1925)?

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Ficoide e Branzino:

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Un’alternativa “vegana” al piatto di cui sopra, senza branzino ma con le nocciole di Piemonte I.G.P., per chi quella sera il crudo di pesce non lo poteva mangiare!

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Parmigiana di scampi:

pomodoro, mozzarella di bufala e melanzane in diverse consistenze. Il piatto da me maggiormente apprezzato: una bomba!

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Verdure al Brusco:  molto morbide, la consistenza è simile a quella dell’avocado ma invece sono zucchine:

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Merluzzo alla Portoghese: molto profumato!

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Acquerelli:

la parte finale degli spaghetti, cotta alla maniera di un risotto, in acqua bianca di pomodoro, mantecato con olio extravergine. L’amido della pasta legherà bene le ultime rifiniture: polvere di peperone, polvere al nero di seppia, cima di rapa, curcuma, cipolla liofilizzata. Interessante e, sicuramente, non elementare!

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Infine, per concludere con sostanza, Agnello e Camomilla:

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La parte dolce dei ristoranti pluristellati è sempre divertente. Già, perché se è vero che il menù può più o meno rispecchiare i gusti personali, è quasi sempre scontato che i dessert difficilmente deludono le aspettative. Che sia con il “pre-“, il principale o la mini-pasticceria, la parte più infantile di noi viene incontrollabilmente stuzzicata e i sensi che sovente ci scordiamo d’avere riportati alla luce!

Fior di Fragola (una meringata alternativa!)

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La mini-pasticceria (che se si sommano tutti i pezzettini tanto mini suvvia non lo è!):

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Ho trovato molto interessante lo sdoppiamento della carta dei vini tra Piemonte e Tutto il resto, a sottolineare un senso di attaccamento al territorio non solo nel cibo ma anche nella dimensione enoica di quel “tutto” eno-gastronomico che compone l’esperienza di Piazza Duomo.

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Gli abbinamenti proposti sono molto inusuali: 100% Piemonte – il Piemonte in lungo e in largo; Organic Way! – Rendez-vous con i vini naturali; 1100 Km – Alba-Beaune, andata e ritorno, alla scoperta di Piemonte e Borgogna; Grand Cru – viaggio nella Francia dei miti. Più che di abbinamenti, si tratta di veri e propri percorsi attraverso i quali lasciarsi guidare dal giovane e pluripremiato sommelier Vincenzo Donatiello che asseconderà i vostri gusti e vi saprà consigliare anche qualora la scelta verta sulla carta. Proprio grazie a lui sono venuta a conoscenza di un vitigno autoctono del posto, la nascetta assaggiando una fresca ma aromatica proposta dell’azienda agricola Rivetto, che ha brillantemente accompagnato il menù scelto (La Degustazione):

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Tra un sorso ed un boccone, il vostro fantastico viaggio giungerà prima o poi alla fine. Dagli affreschi dipinti alle pareti salterete nuovamente in sala, seduti al vostro tavolo a girare l’ultima pagina di quel libro dove il viaggio è stato, con passione ed amore, raccontato.

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