Sono un’appassionata gourmet, per deformazione, più che professione. Quando scoprii della gravidanza in atto, dopo aver brindato (e non a champagne, sigh), presi in mano agenda e cornetta telefonica (sarebbe romantico invece dello smart phone) per prenotare gli ultimi tristellati che mi mancavano … Degli 8, all’epoca. Vorrà dire che il nono lo visiterò col bimbo in fascia (?!?). Dopotutto dicono che il gusto del neonato si forma già nel pancione e che le papille gustative compaiono già la 12esima settimana. Insomma, quando mi toccherà lo svezzamento saranno cavoli amari. Dovrò correre da Niko Romito e chiedere di congelarmi le pappette stellate?
Enoteca Pinchiorri, Niko Romito, Nadia Santini, Enrico Crippa, La Pergola a Roma … Ecco dunque in quest’ordine affrontare gli ultimi tristellati, quelli che mi mancavano, col pancione, approfittando di una gravidanza serena che mi ha permesso di mettermi in macchina senza problemi ed affrontare le calure estive con poco sacrificio. D’altro canto … per mangiare bene, questo ed altro. E poi, si sa, con un bimbo piccolo certi ristoranti per un po’ me li sarei sognati, meglio approfittarne prima che sia troppo tardi.
Menù degustativi con le variazioni del caso (no crudo per favore, sono in dolce attesa!); vino con moolta moderazione … Insomma, un’esperienza sui generis che mi ha permesso di terminare il tour enogastronomico della mia vita e stilare la mia classifica (dall’alto al basso, già!), oltre il parer di qualsivoglia guida.
1° Niko Romito – Ristorante Reale: ecco la mia esperienza. Perché è un gran sperimentatore. Perché attraverso le tecniche di cottura e lo studio delle materie prime è in grado di trasformare un carciofo in un piatto stellato. Perché è capace di offrire un menù lunghissimo senza appesantire. Perché si è fatto da solo. Perché la location è di design, con quel tocco di classe pulita che piace a me. Perché è possibile dormire presso Casadonna ad una cifra accessibile e, alla cena stellata, abbinare la colazione gourmet del giorno dopo, con annesso giro del vigneto eroico circostante la tenuta. E poi Niko, la sorella ed il sommelier Gianni Sinesi sono delle persone semplicissime. Di quelle che proprio non se la tirano.
2° Max Alajmo – Ristorante Le Calandre: ecco la mia esperienza. Perché da Max ci sono andata ormai tre volte e non mi ha mai delusa. E’ un innovatore e, se pur non “estremo” come Niko, i suoi menù sanno sempre sorprendere. Non manca mai il cappuccino al nero di seppia, un must, alternato a creazioni che per forma e sostanza (è sempre tutto molto saporito) meritano 5 stelle invece di 3. Perché il servizio è molto divertente ed informale con professionalità estrema grazie ad Andrea Coppetta Calzavara e Matteo Bernardi. Perché, come da Niko, nessuno se la tira. Perché ha alle spalle una famiglia che vanta una tradizione coi contro…fiocchi. Perché è stato il più giovane chef a diventare tristellato in Italia ed una valida ragione senz’altro c’è! Io di questa scarpetta coi lacci di pasta mi sono innamorata! E de Le Calandre in generale … Sarà che è comodo a casa ma è uno di quei posti dove cenerei ogni settimana.
3° Enrico Crippa – Ristorante Piazza Duomo: ecco la mia esperienza. Favoloso l’ambiente. Sembra di essere dentro ad una fiaba, è tutto sulle tonalità del rosa. Se il design un po’ minimal con qualche tocco un po’ “industriale” di Casadonna è quello che sceglierei per arredare la mia casa, gli affreschi sulle pareti rosate tra i quali l’immensa foglia d’uva, sono quelli che sceglierei per un’esperienza gourmet da favola (lo si capisce già osservando il ristorante da fuori sul far della sera). Sul podio per la sperimentazione e la leggerezza (un must la sua insalata 21 … 31 … 41), al terzo posto e non al primo perché, a gusto mio, è un po’ troppo vegetale il menù (lo si sa’, Crippa ama gli orti ed il suo sogno? … un ristorante stellato vegetariano). Al terzo posto e non al secondo perché il servizio non mi ha strabiliata e c’era tanto caos nella sala che ancora me lo ricordo. Gentilezza comunque a far da padrone. Disponibilità a fine serata dello chef in cucina (anche se è molto timido). E una parmigiana alternativa di scampi che ancora me la sogno di notte.
4° Massimo Bottura – Ristorante Osteria Francescana: ecco la mia esperienza (un po’ sui generis). Ne è passato di tempo (e lo si vede dalla qualità delle mie foto!). Se non ricordo male era l’Ottobre 2015. E, mi tocca dirlo, ho avuto un cxxx, ops una fortuna … Già, perché pochi giorni dopo la mia visita il ristorante fu incoronato primo al mondo. E da lì in avanti l’agonia per prenotare e trovare un posto. Appena in tempo insomma. Il menù “tradizione in evoluzione” è eccelso e, rispetto ad altri chef, meno “sperimentatore”. Si mangia meno “strano” in parole povere. Meno verdure nel piatto e gusti più decisi, rivisitando i piatti della tradizione regionale. E questa cosa mi è piaciuta assai. L’ambiente è accogliente e il tocco di arte moderna che la moglie ha trasmesso a Massimo si vede e a me piace molto. E’ particolare ma con buon gusto. Il servizio è decisamente da tre stelle Michelin ma un po’ meno “caldo” di quello che piace a me. D’altronde Bottura non lo si vede mai e questo è il motivo per cui al 4° posto e non più in alto, visto che per il mangiare forse qualche pensierino ce lo avrei fatto …
5° Famiglia Santini- Ristorante Dal Pescatore: ecco la mia esperienza. Qui c’è tanta, ma proprio tanta, tradizione. Forse un po’ troppa per un posto superiore in classifica. Purtroppo (ma al contempo per fortuna) nei tristellati si cerca tanta innovazione e la contemporaneità va per la maggiore. Dal Pescatore si respira profumo di storia, per certi aspetti un po’ datata. Però, è il caso di dirlo, per coloro che ad un insalata con decine e decine di erbe preferiscono dei saporiti tortelli alla zucca, Dal Pescatore scala la classifica in tempo zero. Al punto da chiudere un occhio sull’arredo un po’ classicone, lasciandosi andare alla storia della famiglia raccontata ad inizio menù ed al servizio che più accogliente di così si muore! Ecco sì, lasciando stare i miei gusti in fatto di cibo, per il servizio e la cortesia della famiglia lo metterei al primo posto! Non serve che chiediate, sarà il signor Antonio a farvi fare un giro in cucina per un saluto a moglie e figlio.
6° La Pergola- Heinz Beck: ecco la mia esperienza. E’ scontato lo so, così come la foto che metto, però La Pergola merita una visita per la vista più bella di tutti i tristellati. Bisogna andarci d’estate e prenotare la terrazza. L’interno lo trovo un po’ antiquato e se vogliamo anche kitsch. Il servizio è impeccabile, dalla carta dei vini a quella delle acque, così come l’attenzione ad ogni minimo dettaglio (tanto di cappello a Simone Pinoli e Marco Reitano). Il menù è molto adatto ai gusti internazionali. Come Bottura anche qui Heinz vallo tu a scovare. Di certo ha una squadra in cucina ben formata ma quel pizzico di calore umano dato dalla presenza dello chef con la sua passione profusa mancano e l’assenza si fa notare. E’ tutto molto buono ma nulla mi ha lasciato il segno. La vista invece sì.
7° Famiglia Cerea – Ristorante Da Vittorio: ecco la mia esperienza. Da Vittorio è il classico ristorante che ci si ricorda per l’opulenza e classicità degli arredi. Come Da Santini trasuda tradizione e nulla è fuori posto. A differenza de La Pergola la presenza della famiglia in cucina, come Da Santini, la si degusta nel piatto. E’ tutto squisito, nonostante non troppo innovativo. E’ da leccarsi i baffi ad ogni portata, nonostante la parola sperimentazione risulti difficile da pronunciare. Forse è proprio per questo che lo metto al 7° posto. Dopo la famiglia Santini perché il calore del servizio non è stato lo stesso. Dopo La Pergola perché manca la vista. Se non fosse per quest’ultima probabilmente un 6° tutto meritato. Il risottino di pesce decomposto, ad ogni modo, il migliore della mia vita.
8° Famiglia Pinchiorri – Ristorante Enoteca Pinchiorri: ecco la mia esperienza. Una delusione. Per me non merita proprio le 3 stelle. Sì sì lo so, chi sono io per dirlo? Nessuno. E proprio perché non sono nessuno e non ho alcun interesse di mezzo, credo che un amante della buona tavola gourmet, come a me accaduto, non esca dall'”enoteca” contento. Il menù è quasi un insulto all’impegno profuso nelle cucine di molti dei colleghi mono/bi/tri stellati Il servizio è buono ma con delle sbavature. Quest’ultime capitano anche ai migliori, certo. E di solito non ci faccio caso. Però scorgere il signor Pinchiorri, lì presente all’ingresso, che nemmeno ci pensa a dare alla clientela mortale un accenno di saluto lascia un po’ perplessi (e, se si pensa alla cortesia del signor Santini, anche un po’ basiti). E fa ricordare le sbavature, appunto. La cantina è fenomenale, giacché contiene tutti i più grandi nomi, le maison di grido, le prestigiose etichette, le annate più memorabili. Un capitale investito da capogiro. Però, onestamente, tralasciando per qualche istante il ricarico rispetto alla media dei colleghi, non c’ho trovato ricerca del particolare ma piuttosto la Bibbia stando ai canoni del Wine Spectator. Un guardaroba fatto di griffe. Un posto per gente facoltosa più che per appassionati dell’eno-gastronomia di alto livello.
Chissà invece come sarà la nona stella?