Tieni, leggi qua, mi disse il signor Francesco Carfagna, vigneron dell’azienda Altura presso l’isola del Giglio, nella Maremma toscana. Delle fotocopie in bianco e nero, un po’ sgualcite, con su impresso “Storia naturale dei vini”, al 1595 risalente. Filosofo, medico e scrittore italiano, Andrea Bacci già all’epoca ci raccontava dei vini d’Italia.
Ma pure di quelli d’Europa, del loro consumo in rapporto alla salute, dell’uso nelle feste d’un tempo, e via discorrendo; ieri come oggi, ben poco in 400 anni è cambiato. 7 volumi, con l’aggiunta di notizie persino sui vini artificiali. Tutto questo per dirmi che anche all’epoca si facevano dei distinguo tra vini da artificio conditi e quelli “naturali” propriamente detti? In fin dei conti il signor Carfagna l’ho incontrato ad una fiera di vini “naturali” tenutasi a Bruxelles: sarà dunque che della sua filosofia, giustamente naturale, me ne dovevo con quel testo fino in fondo convincere? Isabella: smettila, mi dico. Sei donna e non fai altro che spostare il centro di gravità della questione. Forse bastava leggessi quel paragrafo dove l’Isola del Giglio viene menzionata in quanto una delle zone più vocate alla produzione del vino per coglierne il senso. Più semplice di quanto sembra: è un messaggio diretto quanto la passione trasmessa da Francesco col suo fare così sfacciatamente disinvolto, senza necessità di spiegazione, se non indiretta e sotto forma liquida attraverso l’essenza dei suoi vini. Ok li assaggio, son solo due, ho pensato quel giorno. Non consapevole … ed ancor più per questo dall’istinto guidata.
Il primo era un “Carfagna” 2015, 100% Ansonaco, il nome tradizionale dello storico vitigno dell’Isola del Giglio, da cui il nome del vino. Da un vigneto situato a sud dell’isola (4 ettari terrazzati coltivati ad alberello basso e guyot, zappati manualmente), prima del faro che domina la punta di Capel Rosso. Romantico, sia mai sdolcinato. Si esprime con personalità. Una struttura non indifferente ed un grado alcolico da prestarci attenzione (13.5%). Va giù che è un piacere, tratta in inganno dall’ambiguità di un bianco che assomiglia però forse ad un rosso. Dal colore dorato, risplende come una donna in eleganza vestita. Al naso è raffinato: delle note dolci, e poi … Black out. “Si, voglio proprio quel vino, lo compro”, accade qualche settimana dopo … e poi, note un po’ “saline” e delicatamente speziate – dal divano di casa – In bocca è giustamente uomo, di struttura ed equamente donna, calda ed avvolgente; chiude con una giusta acidità, senza sesso quest’ultima, né maschio né femmina. Un vino semplicemente tipico, oltremisura unico. Da tutti i giorni.
“L’isola produce tuttavia vini rossi migliori dei bianchi…“, dice sul serio Francesco?! Ma no, è sempre Andrea Bacci che lo scrisse, nel suo trattato del 1595. Che sia vero? A quanto pare Francesco ha voluto comunque osare col Saverio, un blend di uve miste del Giglio, in prevalenza nere ma in parte anche bianche: canaioli, sangiovesi, ciliegioli … moscatelli, biancone, procanico … Che assaggerò un giorno sull’isola, tra terrazzamenti, rocce, siccità, vento e sole. Ricordandomi, tra una strofa e l’altra, il chiaretto, un rosato fruttato e pulito da sangiovese in purezza, quello sì che l’ho assaggiato e ad oggi oramai scordato.
Ma un bel ricordo preservato, di alcuni sorsi dall’istinto guidati, senza esser influenzata dal trascorso di Francesco. Già, perché il signor Carfagna, un tempo professore di matematica, fu solo nel 1985 che decise di trasferirsi nell’isola per, dapprima aprire un ristorante (nell’87), successivamente acquistare e rivitalizzare, l’anima ritrovare di … un vigneto abbandonato. Un lavoro iniziato nel 2000 e durato 10 anni per ricostruire ben 10 km di muretti a secco . Eroico come la viticoltura della quale è promotore, senza dubbio. Percettibilmente sensibile. Profondamente grato alla vigna e alla vita dell’isola. Poetico. Così viene descritto Francesco. Ma soprattutto libero credo, di esprimersi, così come lo sono i suoi vini di essere … bevuti. Non lo dico io, è scritto in etichetta, matematico.
E se la matematica non è un opinione, non contraddicetene mai la relativa essenza perché anche quest’ultima risiede niente di meno che … nella sua più totale libertà. Cin + Cin.