• I vini naturali… lieviti indigeni in azione

Emozionanti bottiglie suggerite dal sommelier Gianluca Castellano dello stellato Agli Amici

agli-amici-udine_vino_pittaroIeri sera sono stata a cena presso il bistellato Michelin Agli Amici, in quel di Udine. Vuoi perché mi ha preso bene. Vuoi perché tutti i vini degustati sono stati strepitosi. Vuoi perché il sommelier Gianluca Castellano è stato delizioso nei modi, estroso nelle proposte ma soprattutto simpatico e genuino, ho deciso di rubargli qualche idea (in fin dei conti che male c’è) e raccontare i vini degustati da lui consigliati ed a mia volta consigliarli da bere a casa o, qualora introvabili, presso il loro ristorante od ovunque si trovino. Arrangiatevi insomma, io vi consiglio e basta 🙂  Il primo di cui racconto è il vino più semplice, in quanto forse il più facilmente reperibile. Si tratta di un metodo classico friulano dell’azienda Pittaro. Un’azienda fondata negli anni ’70, 85 ettari vitati con un approccio sempre più eco-sostenibile. Il suo Talento Brut 2004 (sono solo due le aziende in Friuli che aderiscono ancor oggi all’Istituto Talento italiano), a base di pinot bianco e chardonnay, si è rivelato una piacevolissima sorpresa. 
Bando alle bollicine, ancora fini e persistenti nonostante l’età (annata 2004 e sboccatura 2011), raramente mi è accaduto di percepire in bocca un gusto così netto, definito e deciso: quello del miele di castagno. A cucchiaiate, secondo le mie papille; sotto mentite spoglie di biscotto al miele, secondo Gianluca (fidatevi più di lui che tra le altre è cose è stato Miglior Sommelier Master of Friulano 2014). Poi sono emerse note più “fragranti” e “lievitose” (quelle tipiche dei metodi classici) e via via fruttate e floreali: date tempo al tempo. Ottima annata dunque. Piacevolissimo bere: la bottiglia intera non è bastata in due per tutta la cena.

agli-amici-udine_vino_pinot-nero-podere-della-civettajaIl secondo vino, degustato al calice, è una chicca in quanto al rapporto vigneto-territorio. Cosa voglio dire? Semplicemente che è inusuale bere un pinot Nero dell’Appennino toscano; io ne ho avuto la fortuna assaggiando un 2013 del Podere della Civettaja, un’azienda che coltiva vino … come atto naturale. Una bottiglia non reperibile troppo facilmente per via dell’esigua produzione (va prenotata in anticipo e senza affanno perché il prossimo anno è già prenotato).

Vincenzo Tommasi, grande estimatore dei vini borgognoni, ha sviscerato i segreti di un vitigno un po’ dispettoso quale è quello in questione ed ha iniziato a coltivarne 2 ettari e mezzo. Ogni “cru” di questo appezzamento viene vinificato autonomamente; a seguire assemblaggio in cemento e maturazione di 12 mesi in legno. E’ un vino gioviale, dove al naso si sentono le consuete note di frutta rossa e le spezie (per me evidente la cannella). In bocca si ripetono; è un vino masticoso, denso, un pelino acido e fastidioso per via del tannino, che però si rivela (suo malgrado?) bilanciato. Qualsiasi ruvidità svanisce a favore di una soddisfacente pienezza. Il tutto nella massima soggettività. A me è piaciuto molto. Rettifico: moltissimo.

agli-amici-udine_vino_giusto-di-notri_1999Infine l’ultima proposta (sempre al calice), un vino decisamente longevo, il classico esempio che dimostra come alle volte invecchiando si può migliorare.  Una massima questa che recito a mo’ di preghiera mattino e sera dopo che ho oltrepassato i 30, anzi i 33.  Ad ogni modo, l’eccesso di  preghiera non serve, basta di tanto in tanto assaggiare dei vini come quello dell’azienda Tua Rita, per la precisione un rosso di Toscana classe 1999 (il Giusto di Notri, un blend non filtrato di merlot e cabernet Sauvignon affinato per oltre 15 mesi in barriques), per comprendere che a volte invecchiare è un bene.

Nata come “vin de garage” l’azienda (certificata bio) arriva oggi a 30 ettari in Val di Cornia, operando nel pieno rispetto dell’ambiente e con limitati interventi in cantina. Lasciate stare che Robert Parker e Wine Spectator gli hanno dato un giudizio strepitoso. E per un momento ascoltate il pensiero di una sommelier ufficiosa come me che in genere non ne vuole sapere di vini barricati e dalla struttura così pienotta. Però questa volta, sarà l’età che avanza ed il bisogno di certezze, ho trovato questo assaggio del ’99 molto interessante. A parte le note affumicate, tostate, metteteci dentro tutti i sentori “terziari” possibili immaginali a strati intersecantesi l’uno con l’altro, un equilibrio in bocca dato da un’evoluzione che non snatura l’essenza dei vitigni e da dei tannini vellutati e rotondi che chiudono il cerchio.  Quindi: non cambiate mai la vostra personalità con l’invecchiare e non temiate qualche kiletto in più.

Di qualsiasi scuola siate, provare per credere. L’assaggio numero 1, il numero 2 ed il numero 3, né uno in più, ne uno di meno. Parola di Gianluca Castellano!

 

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