• I vini naturali… lieviti indigeni in azione

Il Palistorti di Valgiano: un connubio di poesia e digeribilità

screenshot-vino

“E’ autunno, l’aria si è rinfrescata, le piogge sono più frequenti” … E’ questo quanto si recita nella pagina della Tenuta di Valgianoche si apre direttamente su una sorta di sezione diario, arricchita dai pensieri più disparati … C’è il pensiero di Matteo Mantegazza, “Chef de rang “ a Piazza Duomo da Enrico Crippa (e stagista per 4 mesi a Valgiano); ci sono flussi di pensiero sparsi che parlano di territorio e natura, prodotti della stessa (nella tenuta si producono olio, miele ed uova) ed emozioni. La piccola azienda agricola si trova, per l’appunto, a Valgiano, una collina lucchese abitata da pochissime fattorie, tra cui quella di Moreno PetriniLaura Avogadro di Collobiano, che la gestiscono con abbondante energia dal 1992, dopo averla rilevata dai francesi Vidau.  A Valgiano si respira aria pulita, non si guarda la televisione, ci sono gli animali e si lavora la terra. Il tutto seguendo un approccio eco-sostenibile. Ah, chiaramente si fa anche il vino, sano e buono, dai 16 ettari di vigneti (di età compresa tra i 6 e i 40 anni) dove ogni micro-parcella viene dedicata alla varietà con la stessa più “in empatia”. Lungo il crinale di alberese si coltiva il Sangiovese, terreno che gli permette di bilanciare aromaticità e struttura. Sugli affioramenti argillosi si coltiva Merlot, in grado di mantenere finezza ed eleganza anche sulle argille; sui ciottoli sabbiosi la Syrah.  E poi il Vermentino, il Trebbiano,  … le varietà che danno origine al Palistorti Bianco (o “pali storti”?).

palistorti-di-valgiano

Il tutto nel rispetto di pratiche biologiche e biodinamiche per cui l’azienda è certificata. Certificazioni a parte, quello che si cerca di perseguire in questa realtà dall’approccio 100% naturale, è il mantenimento dell’equilibrio vite-clima-terreno, riducendo ai minimi termini l’intervento in cantina. Mica roba da poco … Difatti, l’azienda si avvale della consulenza viticola dell’enologo Saverio Petrilli, uno dei guru della biodinamica in Italia, nonché tra i fondatori della FIVI (federazione italiana vignaioli indipendenti). Un tecnico della vigna riconoscimenti-tenuta-di-valgianoche alla fine della fiera ti può raccontare di come “il vino non sia che il risultato, l’espressione finale di un equilibrio fatto di persone, natura e rispetto”.  Dalla pigiatura con i piedi, al bicchiere bevuto in compagnia o durante una serata in cui le aspettative verso il mondo in genere sono molto basse, ma chissà per che o per come ci si accinge a bere un calice (e mezzo, forse anche abbondante) del Palistorti Rosso del 2011, acquistato a Piacenza qualche anno addietro.  Quell’azzeccato blend di Sangiovese (70%), Merlot (20%) e Syrah (10%), decisamente concentrato, un’esplosione di frutti rossi; un bouquet di spezie e frutta.  Ma azzeccato perché, nonostante un’influenza in agguato ed un mal di stomaco latente (ecco, avete capito perché ce l’avevo col mondo), mi ha a suo modo messa a posto, facendomi ritornare arzilla e sul pezzo, come prima, più di prima. Niente mal di pancia, massima digeribilità, la naturalità in vigna ed in cantina che si ritrova al fin della filiera nel bicchiere. Ed è quello che mi è piaciuto, al punto che aggiungerei sul loro taccuino virtuale, tra un pensiero e l’altro: “E’ autunno, l’aria si è rinfrescata, le piogge sono più frequenti … Ogni tanto mi ammalo ma ho sempre la fortuna di scoprire vignaioli indipendenti che operano con metodologie naturali che aggradano i miei sensi e aggiustano i miei malesseri”. Questo è quanto.

 

 

 

 

 

 

Lascia un commento