• I vini naturali… lieviti indigeni in azione

E’ così che da un intreccio tra chimica della terra e fisica dell’anima nascono i vini di Francesco Spadafora, il principe …

Azienda agricola Spadafora

Caro Alfonso Stefano Gurrera, a te la parola per romanticamente raccontare i vini siciliani di Francesco Spadafora:

A William Shakespeare sarebbe piaciuto molto questo vino siciliano, che stiamo per raccontarvi e la cui etichetta recita, e richiama, un asserzione del pensiero siciliano: “Sole dei Padri”. E  sta per ciò che è grande e autorevole, come lo sono la potenza, l’immenso, il prestigio, il potere. Paesaggi dell’anima trattati  dall’autore dell’Amleto nella sua “As you like it”, “Come vi piace”, un’opera, forse, tra le meno conosciute,  ma senz’altro  la più musicale e “mozartiana” delle sue commedie. E  il cui copione si dipana lungo un’articolata rappresentazione dei molteplici modi di agire e di sentire dei personaggi. Dove alla insidiosa, convulsa, e complicata vita nobiliare di corte, Shakespeare, con  liriche tra le più leggiadre della propria arte, agglutina la celestiale e serafica esistenza all’aria aperta di una campagna immersa nella natura. Per farci riflettere  che la natura più intatta, in contrasto con le passioni turbolente, “stempera gli istinti ferini degli uomini volgendoli alla lealtà e al bene”.

Francesco Spadafora

Togliendo gli isterismi, gli spasmi e le complicazioni, di molti, di questi stati mentali, e selezionando quelli evocatori di una natura che sussurra i suoi ultraterreni segreti, è stato possibile goderne alla FISAR di Catania delle restanti virtù. Grazie ad una verticale di sette annate  di un Syrah in purezza, cento percento siciliano, vera espressione di una “natura” intatta, in cui è immersa l’azienda. di Francesco Spadafora, il cui titolo araldico è espressione cento percento di autentica “nobiltà” siciliana.

“Ci vorrebbero più vendemmie per raggiungere l’assoluta perfezione ma non saprei come organizzarle”. Esordisce così, il Principe, parlando del suo vino,  e già rende chiaro e onesto il tenore, e la nobiltà, del suo linguaggio. E due sono le chiavi che aprono le “stanze” di queste sue virtù lessicali: la prima dischiude la misura che esecra sia ogni rigidità da manuale,  sia il sussiego rivestito di quel distacco altero da antica nobiltà (lui appartiene a quella moderna), ed in fila, sia le sfumature della boria, gli accenni della presunzione del sapere e l’orgoglio del “possedere”: non usa mai il pronome in  prima persona perché  “l’io”, è spesso “una sottolineatura inutile, (almeno così è scritto nel sito), tanto che lo hanno educato a scrivere sempre in terza persona”.

Mentre la seconda chiave fa di più: e spalancando la seconda porta, libera la vista su l’inquieto sorriso di una perenne letizia che si legge sulle labbra del principe quando racconta gioie e rammarichi della vita. E i cui toni colorati delle parole cambiano passando  dall’intimità di chi confida un segreto, all’abbandono di chi si confessa.

Questa lunga e singolare introduzione sulla personalità del produttore  ambisce solo ad attestarsi il beneplacito   di quel concetto che disegna la suprema virtù di questo vino degustato: virtù che s’individua in quello schema enologico-degustativo, molto eloquente, che intreccia il territorio, con la storia della relazione tra le uve e i “contadini”, nobili e non, che ci hanno lavorato. Col valore aggiunto di una significativa cifra di potere evocativo come l’esempio “scespiriano”  di cui sopra. E non basta, perché un’ulteriore importante elemento peculiare sta nella distinta diversificazione di ogni annata, ovvero una diversa dalle altre, riscontata in questo Syrah.

Dove risiede la magia di quest’ultima indole? “Nel rispetto della natura – precisa Francesco Spadafora – nel non forzare i suoi ritmi, nel gestire i capricci del clima, di rapportarsi con criterio alle quantità di sole-luce-calore irradiate” che ogni annata regala”.

dsc_0245-6

Così ogni altro dettaglio lo troviamo nel racconto di sette annate dove la più giovane ha già quasi dieci anni mentre la più vecchia, la 2002, è stata “quasi” la più…fresca!

2002, Dolcezza fruttata e olfattiva, nonostante i suoi anni e la nera tannicità che, profonda, rivela allo sguardo. Soffiano distillando una purea di polpa di visciola leggermente surmatura. Intenso l’aroma balsamico. Un vino che lascia immaginare una gioventù fatta sia di frutti speziati che di una polpa possente. Ma conserva ancora una grande consistenza e una avvolgente souplesse nonostante il legno abbia lasciato tracce del suo “inesorabile” lavorio.

2003, Davvero un campione di dolcezza, potenza e concentrazione virtuose. Ma ancor più di questo picco estrattivo, vale il fatto che detta maestosa  possanza  riveli nel merito  del sapore un bilanciamento fra sostanze estrattive e un gusto morbido a gusto acido e amaro  di polposa  armoniosità avvolgente.

2004,  Vino di eccezionale misura estrattiva: la tinta impenetrabile e fitta con la sua veste nerastra subito dichiara la superiore concentrazione e una dominante maturità. Che dense intessono sensorialmente anche le successive fasi della degustazione. Il cambio il legno (da barrique a tonneau) lascia il segno di un gusto più rotondo e fitto per il tramoso  tannino un po’ più amaro ma al contempo  più avvolgente. La sua nitidezza enologica regala con maestosa possanza una nitida e integra profusione.

2005, Switness e ripeness al palato. Grande morbidezza, grande classe, sovratannicità. Tutto ammortizzato dal pastoso carico di glicerina. Un  mix di frutto spezie, alloro, di profondità e di potenza perduta. Violaceo e nerastro  il suo profumo va profondamente inalato per essere in dolcezza sondato .

2006, Soffiano distillando una purea di polpa di visciola lievemente surmatura, ornata di voci e  scialli di spezie, vaniglia menta e di fragranti dolcezze. Al palato si viene subito conquistati dal risvolta tattile della sua morbidezza. Un vino di gran massa , e di  persuasivo e sovrano  gusto di “anime siciliane”.

2007, Annata difficile, ma è il terroir a parlare  più forte del millesimo. Un vino da  veri amatori perché  non c’è nulla di più ammirabile di un grande vino di una angusta annata. Al palato fruscii che esalano effluvi reconditi. Nonostante stenti e penurie, questo vino si rivela completo in sostanza, di impeccabile nitidezza enologica esecutiva, discretamente persistente, frutto di una viticultura sovrana.

2008, Gran massa di frutto violaceo. Ma i riflessi bluastri parlano di una inusitata profondità e di una grande succulenza fruttata. Tannino fluente ben  ammortizzato in un assetto bordolese e in una mediterranea potenza. Nuance di rabarbaro, sandalo e incenso stemperano quella tipicità classica del Syrah fatta di carne e pancetta.

Ecco, sta tutta qui, in queste schede, l’effetto e la magia, di un sotterfugio che il Principe chiama, con innata modestia, “la chimica della terra”. Ma noi crediamo, invece, che queste incantesimi si materializzano quando “la sua” chimica della terra” s’intreccia con la “sua”…“fisica dell’anima”. E “fisica dell’anima” qui, non è un gioco lessicale, ma una scienza esatta che si chiama “Entropia” (leggere per credere che questo articolo non sia una banale, gratuita apologia al produttore, ma una descrizione obiettiva della sua personalità), il saggio di Fabio Marchesi “La fisica dell’Anima”, Ed. Tecniche nuove. Una lettura capace di rinnovare il vostro approccio al vino… (lo consiglio).

Lascia un commento