C’erano una volta dei piccoli vignaioli, innamorati della terra, del cielo, delle piante e del proprio lavoro. Per fortuna ci sono ancora oggi ed oltre a produrre vino, quello VERO, sono coloro che preservano i piccoli borghi rurali ed i loro territori. Alcuni di loro perpetuano la tradizione dei nonni; altri hanno un background completamente differente ed hanno deciso di seguire una passione spinti da un movente ben distante dal profitto che per loro più che un fine è un mezzo. Sono piccini, coltivano pochi ettari ma insieme rappresentano il 90% del totale dei produttori di vino (con una produzione che rappresenta circa il 30%). Ci si immagina la loro vita come un’idilliaca parentesi bucolica ma nella realtà la quotidianità è ben lungi da questa romantica idealizzazione. Al contrario, si trovano sempre più a dover destreggiarsi tra i cunicoli di una burocrazia farraginosa, sempre più difficile da seguire.
Questi vignerons sono di fatto delle micro-imprese che hanno bisogno di chiudere i conti in attivo a fine mese per sopravvivere e devono pertanto dedicare il tempo alla loro attività primaria. Si trovano invece oggi sempre più impegnati a star dietro ad una sfilza di regole e procedure da seguire, patentini da rinnovare, corsi da frequentare, consulenti da pagare per l’espletamento di pratiche, una dietro l’altra, che il più delle volte tra di loro si accavallano (nella confusione e nella duplicazione ci sguazzano forse diversi interessi?). Tutto ciò richiede risorse umane e di tempo di cui le piccole realtà non dispongono nella misura necessaria e che implicano costi annuali molto alti, per alcuni al limite dell’insostenibile.
Stanchi di tutto questo carrozzone, sono in 200 i vignaioli che si sono riuniti per dire BASTA all’ostracismo! Per dire basta a tutta questa burocrazia che sta uccidendo la loro voglia di lavorare. Una coalizione che il 5 marzo 2017 ha manifestato la propria esasperazione attraverso una lettera al Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. Un testo che riassume in diversi punti l’esigenza di una maggiore flessibilità; di un sistema più snello ed efficiente, meno anacronistico e che preveda delle deroghe pensate per le realtà di dimensioni più ridotte, sia in termini di adempimenti che tempistiche.
Un senso di ribellione scatenato dalla richiesta di adeguamento ai registri telematici e alla dematerializzazione. “Un passo importante verso la semplificazione dei procedimenti amministrativi che agevolerà la vita delle aziende” recita il Ministero. Non sono della stessa opinione i piccoli vignaioli che vedono questa legge come l’ennesimo adempimento burocratico, forse adatto alle grandi aziende ma poco calzante per quelle piccole realtà che non hanno tempo e risorse per interscambi web-service e spesso e volentieri dispongono di una connessione ADSL non all’altezza (questa è purtroppo la situazione nelle campagne italiane). Altre sono state le richieste avanzate (l’unificazione degli Enti deputati ai controlli, la semplificazione della gestione, la necessità di patentini quali quello per i fitofarmaci e per la guida del trattore, la gestione della manodopera ed altre aree del lavoro in vigna e cantina) alle quali fa seguito la minaccia di una campagna di disobbedienza civile invitando tutti i vignaioli italiani a non adeguarsi all’obbligo di registri telematici.
Chissà se con tutta questa speranza i nostri vignaioli riusciranno a superare lo sdegno dalla stessa generato. Lo sdegno nei confronti della realtà delle cose ma che, proprio grazie a quella stessa speranza, altro non sfocia se non nel coraggio per provare a cambiarla.