• I vini naturali… lieviti indigeni in azione

Buvoli, l’artista del pinot nero ed il suo opificio creativo

C’era una canzone di Jovanotti che faceva “sono un ragazzo fortunato” … E lui rimarrà sempre un ragazzo, Lorenzo Cherubini …. Così come mi reputo io. Fortunata. Di avere scoperto l’esistenza di Marco Buvoli  non tanto un produttore, quanto un artista del vino, genuino in tutti i sensi, focalizzato principalmente lo più sul pinot nero. Lui è un produttore di vino naturale e, un po’ per questo, un po’ per altri aspetti che abbracciano la sua filosofia, si limita a tirature limitate. Poco ma buono, insomma. Poco ma fatto bene. marco ha iniziato nel 1997 dopo aver rilevato una proprietà abbandonata; una vecchia casa di mattoni che ha trasformato in cantina. Dove? Siamo nelle colline di Garbugliano, nel vicentino. E’ li che ha sede il suo laboratorio creativo: l’opificio. E’ su quelle colline che Marco coltiva pinot nero, il suo cruccio e syrah.  Sebbene ci troviamo nella DOC del Durello, Marco non sperimenta coi bianchi.

Marco Buvoli

Marco si approccia ala produzione del suo vino con una filosofia tutta sua. E’ una sorta di poesia che conquista il più romantico dei bevitori. E’ una forma d’arte, senz’altro. Che ricerca la perfezione, consapevole dell’inesistenza della stessa ma cosciente del fatto che rientra solo e soltanto nel modo in cui viene interpretata. E Marco la incarna a suo modo attraverso un’uva, il pinot nero, tutt’altro che abbordabile … Direi anche un po’ ostica, per sentito dire.
Ho avuto la fortuna, quella di cui sopra, di provare una bottiglia ad edizione limitata, la L.E505 – Rosè. Un metodo classico sperimentato da Buvoli per la prima volta nel 2002; il nome deriva dal fatto che ne sono state prodotte solo 505 bottiglie – rari esemplari. Di rara bellezza. “Se ti piace, non chiedetemi come sono arrivato a produrlo; è la tipica fortuna di un principiante in questo tipo di esperimenti”. Il processo di fermentazione di questo vino è avvenuto inizialmente in barriques aperte e in un secondo momento in acciaio fino alla la “prise de mousse” intercorsa in primavera. Il vino ha giaciuto sui suoi lieviti per 8 anni prima della sboccatura, avvenuta nel 2010. E’ decisamente cremoso. “Una bottiglia difficile – amata solo da coloro propensi a lasciarsi andare a quelle sensazioni tipiche dei vecchi Champagne. E’ perfetta con il bollito misto, con la carne in generale e speciale con i formaggi”.

Il Buvoli 4, identifica attraverso il #4 gli anni durante i quali la cuvè è sostata in bottiglia dopo la rifermentazione. Secondo Marco è ideale per antipasti e primi piatti. Tipo una mini tempura di verdure? Sempre Pinot Nero 100% spumantizzato con metodo classico.       Ha un naso molto evoluto e in bocca note di lieviti e tostatura che evolvono poi verso percezioni più dolci.

Il Super Otto Extra Brut ha sostato più di otto anni di permanenza sui lieviti (Marco produce anche Cinque, Sei, Sette e Otto). Ne sono state prodotte solo 450 bottiglie. E’ un vino evoluto, nulla da dire. Tanto nel colore, quanto nel sapore. Note tostate che si trasformano cremosamente in sentori fruttati e sensazioni mielate. Si chiude in bellezza.

Vogliamo infine citare il TPS vendemmia tardiva 2011, Syrah più una piccola percentuale di merlot. Un vino da preponderanti profumi di frutta; sottobosco, note selvatiche. In bocca ha un’importante struttura con una densità nel corpo che non prevale mai sulla morbidezza, generando un piacere “P”, temporaneo T, dello spirito S (TPS). Che forse, chi lo sa, tanto temporaneo poi non è.  

 

 

 

 

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