• I ristoranti stellati Michelin

Una stella al Ferarut: la gioia dell’osservare e comprendere

Chi è Alberto Tonizzo? E’ uno chef che perpetua la tradizione dei genitori, accostando la tradizione del territorio friulano con una alquanto discreta dose di creatività. Per pompare un po’ ciò che è giusto pompare fa parte dei Jeunes Restaurateur d’Europe, l’associazione internazionale che riunisce giovani Chef di talento, riconosciuta dal mondo gastronomico come una delle più prestigiose associazioni culinarie. E bravo Alberto.

Cos’è il Ferarut? E’ il ristorante dove Alberto, affiancato da Anamaria Bianca Hatcau capo sala e sommelier (oltre che compagna di vita), trasforma insieme a lei dei pensieri che, in principio sono muti … ma poi le mani li sanno esprimere benissimo. Creando un’impronta che altro non è se ne non la firma del suo estro creativo: un estro tanto fantasioso quanto radicato alle origini. Un ristorante insignito della stella Michelin nel 2012. Lo spazio è molto ampio. L’arredo è forse un po’ datato; abbonda il legno anticato quindi non aspettatevi un locale contemporaneo. Ma sono certa che è la pressione economica spesso subita dai ristoranti della tipologia dei stellati (per offrire l’eccellenza ci sono dei costi abnormi) a fungere da deterrente ad un restyling nell’immediato. Il gusto per il moderno e la scrupolosità estetica di Alberto compensano l’atmosfera retrò attraverso una contemporaneità, mai eccessiva, riproposta nei piatti (e premiata recentemente dalla Camera di Commercio di Udine con la medaglia di Jacopo Linussio).Ferarut_Sala

Dove? A Rivignano. Prima di Alberto c’erano Guerrino e Carla. E prima di Guerrino c’era la sua mamma, Isolina, la quale già all’epoca (se Alberto ha sui 40 anni fatevi i vostri conti) conduceva una trattoria di paese. Inutile a dirsi, qui c’è della tradizione. Anche spinta, se vogliamo. Ancorata ad una storia; quella che non smette mai di dimenticare che il Ferarut altro non era se non una particolare lampada con la quale l’oste scendeva in cantina ed illuminava le etichette dei vini. Ma il nome era in origine “Al Cacciatore”, un ristorante che serviva prettamente carne. L’anno scorso si sono festeggiati i 50 anni.

Dopo n-riflessioni, a distanza di qualche mese dalla mia visita al Ferarut, posso dire che la medesima sensazione all’inizio percepita sulla mia pelle è quella che è rimasta vivida e palesemente accesa. Cioè? Quella di una passione equilibrata, senza eccessi ma a suo modo veemente. Forse è più che altro un equilibrio passionale?

Seguendo la scia della passione, potrete lasciarvi andare ad un percorso piuttosto lungo (tra Risorgive, Laguna e Mare) od optare per un sentiero un po’ più breve ma non per questo meno ricco di pescato ed erbe selvagge. Già perché Alberto ha indubbiamente un debole per il pesce. Nonostante ciò temo irresistibile anche un petto d’anatra con lemon grass, zucca violina e cipolline arrosto.

Ferarut_tonnetto striato

Ferarut_gnocchetti di rapa rossa

Ferarut_gnocchetti di rapa rossa

Estrapolando dal mio menù il nr.1 “Come fossi al mare”; il nr.2 “Gli scampi”; il nr.3 “Il Bon Bon di erbetta rosa”, il nr.4 “Il Tonnetto striato marinato alla soia scura con cremino di mandorla etc.” mi troverei smarrita nella mia scelta alla prossima occasione: io ho apprezzato il tutto senza alcun se, ma, pero’ … Anche se (eccomi già in contraddizione), l’anguilla fuori menù, sgrassata della sua naturale untuosità ma saporita “a pennello”, aveva il suo per come: la tecnica di cottura. Se volessi rifarmi l’occhio ecco che ricadrei sul “Come fossi al mare”, un antipasto originalmente presentato su di una luminosa bottiglia di vetro soffiato. E se fossi accaldata mi lascerei andare allo spaghettino freddo di pesce. Così come, indipendentemente dalla temperatura, alla contrapposta sensazione di calore umano trasmessa da Guerrino col suo ingresso in sala. Sogno o son desta?

Quella al Ferarut si rivela quindi un’esperienza a tutto tondo. Fresca per certi versi ed avvolgente e calda per altri. Contemporanea ma dolce, come il semifreddo di chiusura ed i concentrati fondenti (dove si nota la mano di Alberto quale Maestro pasticcere).

«Per gustare un piatto bisogna capirlo, capire o scoprire le intenzioni, le motivazioni che lo hanno fatto nascere». Già Alberto, hai ragione. Perché, in fin dei conti, la gioia nell’osservare e nel comprendere è il dono più bello della natura.

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