• I vini naturali… lieviti indigeni in azione

Denis Montanar e il suo Uis Blancis: il vino dell’istinto

Ci sono vini che restano impressi nella memoria perché li si ha degustati più e più volte, quindi capiti.  Dal carattere difficile ma poco a poco penetrabili. Ci sono vini che ti hanno affascinato per la loro storia; sei andato in cantina, visitato il visitabile ed entrato in empatia con la filosofia del produttore, al punto che non ne puoi più fare a meno. Ci sono vini nei quali incappi per puro caso ma che per chi sa quale ragione ti conquistano destando in te, bevitore, una curiosità indomabile. Lo chiamano istinto?

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Ecco quindi che, trattando l’ultima tipologia, mi ritrovo a raccontare di un vino che ho conosciuto accidentalmente durante un aperitivo qualunque, presso l’enoteca Toni Del spin di Treviso (enoteca non qualunque). Nel mentre che sorseggio un rosso di gradevole beva (niente nomi non amo narrare nel paragone), ecco che Nicholas giovane quanto abile oste (e di Lui come della storia dello storico Toni Del spin di certo scriverò) mi propina un assaggio di questo vino bianco sì … (rispetto al mio rosso, quindi relativamente parlando) ma non troppo, in senso assoluto. Di un giallo intenso e carico in virtù di una lunga macerazione sulle bucce. Quindi non è proprio bianco.

E’ un vino Triple A:  aaa. Che poi, che significa? Sono vini le cui uve sono state selezionate manualmente. Maturate secondo il processo fisiologico. Coltivate senza chimica. Solforosa ridotta all’osso. Solo lieviti indigeni. Nessuna chiarificazione o filtrazione. Ed infine … maturazione sulle proprie “fecce” sino all’imbottigliamento (quella macerazione di cui parlavo poc’anzi: io non mento).  AAA come produttori che al contempo sono Agricoltori (per forza di cose) – Artigiani (per non alterare il vino) ed Artisti (per esaltare naturalmente il territorio).

Ma io non stavo prendendo un aperitivo? Si, fin quando Nicholas mi ha propinato questo vino che, chissà perché chissà per come, non mi sono più tolta dalla testa.

canvasEd è così che qualche giorno dopo me ne sono andata alla ricerca al fine di riassaggiarlo in maniera più attenta, riallacciando quella sintonia che sin da subito si era creata. Lo chiamano istinto?

Il produttore è Denis Montanar. “Googlate” il suo nome e troverete il sito internet dell’azienda a sciorinare tutto quanto c’è da sciorinare. Da famiglia di agricoltori da ben 4 generazioni, Denis si butta a capofitto sin da giovane in questo mondo ma è solo nel ’95 che sviluppa il suo progetto aumentando gli ettari coltivati ed è solo dal 2003 che decide di utilizzare il proprio nome come marchio del vino, affiancato dalla denominazione di una delle 3 terre della bassa friulana (cru per ostentare inutili francesismi): Borc Dodon, Borc Sandrigo e Scodovacca. Per fortuna il suo nome non è lungo come il mio. Ed è solo … Basta, non voglio riempirvi di un copia ed incolla dal sito internet, sapranno meglio loro raccontarvi i contenuti di una produzione bio dal ’96 di circa 20 mila bottiglie l’anno, utilizzando botti da 30hl, barrique di secondo-terzo passaggio, tini d’acciaio o di cemento … Ok, mi zittisco, promesso. Non spetta a me.

A me, come bevitrice (mi prego, non mi voglio dare della Sommelier in questa occasione), non spetta niente più che esprimere le sensazioni che L’Uis Blancis, annata 2012, ha saputo trasmettermi. Un’ uvaggio bianco con 40% di tocai friulano, 40% sauvignon, 10% pinot bianco e 5% verduzzo friulano. Mi sono tradita da sola; perché del colore ve ne ho già parlato – non dovevo. Giallo intenso e carico. Caldo. Giusto? A ricordare il colore del sole sul finire della giornata (e non deridetemi, è dav-vero vero). Al naso è plissettato, come quei vestiti di seta che regalano al contempo giochi di luce ed ombre. Un po’ di fiori, d’acacia tipo. Si, c’è del miele. Ma poi note ossidate, minerali. C’è anche della frutta, senz’altro secca. C’è complessità.
Ma è morbida, come le pieghe del vestito cui accennavo. Credetemi folle. Sicuramente non più di questo vino, pieno, fresco quindi immediato ma intriso di complessità al tempo stesso. La si ritrova al palato. Un sorso intenso che rivela quella molteplicità di strati annusata.

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Forse è proprio questo il motivo per il quale ho rincorso questo vino? O forse perché sapevo che anche quella di Denis è stata una scelta  .. D’impulso? Non l’ho detto io, lo ha detto Lui. Difatti è solo e soltanto attraverso l’istinto che si può portare avanti un vino di territorio … Provate e credete, me e Denis, fino in fondo.

5 commenti

  1. Interessante questo bianco. Ma scusami, Isabella, se fatto con 40%,di Tocai 40% di Sauvignon, 10% di Friulano e 5% di verduzzo, per il 5% che manca hanno aggiunto dell’acqua?

    • Caro Stefano hai ragione ma soprattutto un buon occhio. Tanto acuto tanto quanto io sono sbadata! Ho scordato un 5% per strada; forse di Tocai. % a parte io ho adorato questo vino…e continuerò ad adorarlo. Isabella

      • … ed io continuerò ad adorare te, il tuo stile, il tuo modo scrivere, la levità dei tuoi racconti. la leggerezza dei pensieri, la grammatica e la sintassi non del tuo italiano ma della tua anima di scrittrice. Tanto da farmi chiedere: ma se ti riconosco queste qualità come ho potuto esprimere una stigmatizzabile caduta di stile e presentarmi rimarcando questa semplice, banale insignificante svista…?
        Ciao, e spero che un giorno ti vinca la voglia di salire sull’Etna, che noi chiamiamo “a muntagna” e mi chiederai, poi, che io ti faccia l’ “eno-Caronte” di questo tuo viaggio….

  2. Sei stata deliziosa nel descriverlo questo vino che sicuramente è da provare. Grazie, sono felice di seguirti. Un abbraccio

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